La mia mesciua

La mia mesciua, un mio personale omaggio a una storica città ligure dove le tradizioni culinarie hanno un forte legame con la sua storia.

La Spezia, città portuale all’estremo levante della Liguria. E se si parla di porto, automaticamente si pensa a una cucina prettamente di mare ma… non è proprio così. Il porto significa scambi commerciali, quindi navi che trasportano anche alimenti ed è su questa base che nasce la storia che c’è dietro a una delle ricette più note della cucina spezzina, ovvero la mesciua (leggetela mes-cìua, termine dialettale che significa “mescolata”).

Si narra infatti che, attorno al XIV secolo, le mogli degli scaricatori occasionali del porto di La Spezia raccoglievano sulla banchina legumi e cereali che fuoriuscivano dalle fenditure dei sacchi in cui erano contenuti e li mescolavano senza badare a distinguerli tra tipologie, preparando poi in casa delle corroboranti zuppe. Eh sì, la cucina ligure nello specifico spezzina, presenta molti ingredienti di natura vegetale e di conseguenza molte delle più note pietanze tipiche sono vegetariane e vegane, di tradizione. Questo comunque non era sinonimo di una cattiva alimentazione, perché il felice connubio legumi-cereali fornisce un buon numero di micro e macronutrienti (vitamine, sali minerali, proteine, carboidrati, fibre), forniscono energia soprattutto in inverno e danno sazietà.

In fondo questo tipo di alimentazione con alimenti cosiddetti “poveri” non è molto diverso da quello che fino a circa mille anni prima adottavano gli abitanti dei territori dell’Impero Romano. In particolare, la dieta dei gladiatori era costituita unicamente da cereali e legumi: questi combattenti, infatti, venivano chiamati hordearii (letteralmente “uomini d’orzo”) proprio questa alimentazione così esclusiva, che comunque permetteva l’accumulo di grasso sul corpo atto a proteggerli dalle ferite procuratesi durante i combattimenti.

In genere nella mesciua vengono utilizzati come legumi i fagioli cannellini e i ceci e come cereali specialmente il farro, ma può essere sostituito con grano oppure orzo… questa zuppa si preparava con quel che si aveva a disposizione e condita semplicemente con olio, sale e pepe.

In questa ricetta sono stati utilizzati tra le molte varietà firmate Del Colle:

  • fagioli cannellini esclusivamente coltivati in Italia, dalla buccia molto sottile e tenera quindi più digeribili e dal gusto molto delicato;
  • ceci toscani coltivati in particolari condizioni del terreno che donano a questi legumi un gusto spiccato ma non eccessivo e una consistenza morbida;
  • farro perlato toscano, della varietà dicocco, con caratteristiche organolettiche e nutrizionali eccezionali, più digeribile e tenero rispetto al grano duro e con un maggior contenuto in proteine.

Ingredienti per 4 persone:

Procedimento:

  1. Mettere in ammollo per 8-12 ore i fagioli e i ceci (io anche il farro per velocizzare la cottura). Sciacquare i legumi e il farro e cuocere i tre ingredienti in 3 pentole diverse.
  2. Scolare i ceci e il farro e unirli nella pentola con i fagioli (e la sua acqua) e proseguire per circa 15 minuti la cottura, aggiustando di sale.
  3. Servire calda con un filo di olio e se gradita una spolverata di pepe nero.
  4. Accompagnare con un Pornassio Rosso DOC o un Ciliegiolo Golfo del Tigullio DOC.

Alcune note:

  • Se si vogliono accorciare i tempi della cottura dei legumi, possono essere lessati in pentola a pressione circa 15-20 minuti dopo il sibilo e si finisce di cuocere nell’acqua di cottura dei fagioli, aggiustando di sale.
  • Qualora si ritenga poco saporita, si scolano i cereali e i legumi e si può finire la cottura in brodo vegetale.

In collaborazione con:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *