Latte crudo e il suo consumo, tra passato e presente

Quando parliamo di latte crudo intendiamo “il prodotto ottenuto mediante secrezione della ghiandola mammaria di vacche, pecore, capre o bufale, non sottoposto a una temperatura maggiore di 40°C nè a un trattamento con effetto equivalente” (DPR 54/97).

In passato il latte crudo ha fatto parte dell’alimentazione delle popolazioni occidentali e medio-orientali fino al ventesimo secolo, quando ne venne abolita la vendita con l’introduzione del processo di pastorizzazione. Durante gli anni Trenta del secolo scorso, infatti, in Italia veniva imposta la pastorizzazione del latte per una questione di salute pubblica in quanto si erano registrati molti casi di gravi patologie a seguito dell’assunzione di latte crudo (tifo, tubercolosi, alcune forme di brucellosi).

I progressi nel campo della tecnologia alimentare e un miglioramento nell’igiene delle pratiche di mungitura ha permesso di nuovo la vendita di latte crudo, con norme che ne regolano la commercializzazione oltre che gli standard di igiene ma sicuramente oggi abbiamo un alimento più sicuro e gustoso. Il latte crudo, come quello pastorizzato, all’analisi microbiologica non deve presentare patogeni come Salmonella, Campylobacter, Listeria, E.coli e Streptococcus agalactiae. Essendo non trattato termicamente, presenta una flora batterica che in condizioni controllate può essere definita benefica. Gli enzimi che sono presenti nel latte, come lisozima e proteine attive, e le vitamine termolabili non risultano denaturate o danneggiate e alcuni sali minerali (calcio e fosforo) sono maggiormente biodisponibili e assimilabili dal nostro organismo. Anche la caseina, non essendo stata trattata termicamente, non è denaturata e quindi risulta essere più digeribile, al contrario della sua parte grassa non emulsionata col resto del liquido in quanto non ha subito il processo di omogenizzazione.

Il latte crudo, correttamente prodotto, presenta una carica batterica estremamente bassa in quanto contiene una protezione naturale data sia dal lisozima che dai batteri lattici, tra cui L. acidophilus e L. brevis, che limitano e neutralizzano i batteri nocivi presenti in condizioni di conservazione ideali per pH, ossigenazione e temperatura (che non deve superare i 4°C).
Quali sono i benefici del latte crudo che hanno anche permesso un ritorno al consumo di questo alimento? Qualche dato interessante lo possiamo prendere da uno studio condotto nel 2006 da un gruppo di studiosi dell’Istituto di Medicina Preventiva e Sociale di Basilea su 14.893 bambini di età compresa tra 5 e 13 anni che vivono in aree rurali in Austria, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Svizzera e analizzando gli effetti del consumo di latte acquistato in fattoria (crudo o trattato termicamente) contro quello pastorizzato acquistato nei negozi si è visto che il consumo di latte di fattoria è associato a una riduzione dell’asma (-26%), della febbre da fieno (-33%) e delle allergie alimentari (-58%). In altri trial clinici con test di scatenamento, è stato riscontrato che bambini con allergia al latte diagnosticata riuscivano a tollerare il latte crudo, cosa che non succedeva invece con l’assunzione di latte convenzionale (quello che si acquista nella GDO) omogenizzato e pastorizzato. Numerosi autori hanno dimostrato che l’introduzione precoce del latte commerciale può avere conseguenze nel tempo in termini di non tollerabilità al latte in età adulta.

 

Bibliografia
http://it.wikipedia.org/wiki/Latte_crudo
AAVV “Raw Milk – Health or Hazard?”. International Raw Milk Conference, 20 May 2011
Acerra L “Il mal di latte”. Macro Edizioni, 2008
Jayarao BM et al “A survey of foodborne pathogens in bulk tank milk and raw milk consumption among farm families in Pennsylvania”. J Dairy Sci, 2006; 89:2451-2458
Vuitton DA “Risk versus benefit of raw milk consumption”
Waser M et al “Inverse association of farm milk consumption with asthma and allergy in rural and suburban populations across Europe”. Clinical and Experimental Allergy, 2006; 37:661-670

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