L’etichetta alimentare

L’etichetta alimentare è lo strumento che ci aiuta a conoscere bene il prodotto in commercio che ci accingiamo a comprare.

La normativa europea sancisce che i consumatori hanno il diritto di ricevere tutte le informazioni utili sugli alimenti che si trovano in commercio per acquisti consapevoli e per la tutela della loro salute. Comunque, come abbiamo già detto in un precedente articolo sulla sicurezza alimentare, la responsabilità è sempre in qualche modo condivisa tra produttore e consumatore finale perché il prodotto che viene venduto deve contenere il maggior numero di informazioni in modo chiaro e trasparente e il consumatore deve a sua volta essere in grado di capire correttamente il significato di tali informazioni.

L’importanza di questi temi è talmente forte che l’Unione Europea (UE) ha emanato la Direttiva 2000/13/CE per disciplinare in modo uniforme l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità di tutti i prodotti alimentari destinati alla commercializzazione e al consumo. Secondo tale Direttiva 2000/13/CE, recepita successivamente dall’ordinamento italiano con il D.Lgs 23 giugno 2003 n 181, l’informazione al consumatore deve essere il più possibile “corretta e trasparente” l’acquisto e il consumo dei prodotti non venga influenzato con mezzi ingannevoli.

L’etichetta: la carta d’identità del prodotto

L’etichettatura ha un significato strategico per il prodotto affinché il consumatore possa conoscerne le caratteristiche e di scegliere gli alimenti che corrispondono alle proprie esigenze. Inoltre ha lo scopo di tutelare la sua salute e i suoi interessi: l’etichettatura, infatti, deve essere ancora più specifica per quei prodotti alimentari destinati ai lattanti, per quelli contenenti allergeni o organismi geneticamente modificati. Un’etichetta ben dettagliata può fornire inoltre informazioni riguardo a specifiche qualità del prodotto, alla sua origine geografica oppure a come è stato processato.

Quindi possiamo definire l’etichettatura dei prodotti alimentari, come recita l’art. 1 del D.Lgs 27 gennaio 1992 n. 109, “l’insieme delle indicazioni, marchi di fabbrica e di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o sui documenti di accompagnamento del prodotto alimentare”. Essa rappresenta quindi la carta d’identità del prodotto alimentare e comunica al consumatore tutte le informazioni che possono essere utili non solo in fase di acquisto, ma anche di conservazione o al momento del consumo.

Nell’etichetta, il produttore sceglie il nome commerciale del prodotto, anticipando alcuni dei suoi tratti distintivi. Il consumatore, di conseguenza, associa il nome a una serie di caratteristiche che l’esperienza e la conoscenza gli permettono di individuare. Le peculiarità che contraddistinguono il prodotto e darne quindi una “personalità” vengono percepite grazie anche ad altre due informazioni, la sua origine geografica e la sua provenienza imprenditoriale, cioè dove e da chi è stato prodotto, due aspetti che possono influire nella scelta d’acquisto.

Bisogna poi tenere conto di altri fattori che aiutano a delineare l’identità del prodotto alimentare (e quindi a far sì che il consumatore compra) e possono riguardare, per esempio la sostenibilità nella produzione (sociale e ambientale) e se la stessa produzione si attiene a specifiche indicazioni derivanti dalle prescrizioni alimentari secondo la religione praticata. Nel valutare questi aspetti, il consumatore può considerare infatti aspetti culturali oppure essere spinto da precise esigenze dietoterapeutiche, come nel caso di prodotti destinati a soggetti affetti da reazioni alimentari avverse (celiachia, allergia al nichel, intolleranza al lattosio, etc).

È fondamentale la trasparenza di tutte le indicazioni fornite per non influenzare il consumatore a un acquisto non accorto, né devono essere menzionate fantomatiche proprietà medicamentose ed effetti curativi, salvo la presenza di un disciplinare che ne autorizza il consumo per un determinato scopo come da D.Lgs. n. 11/1992. L’etichettatura comprende quindi una serie di indicazioni obbligatorie e altre informazioni facoltative, tutte comunque concorrono allo scopo di facilitare la comprensione anche del consumatore poco informato o che rientra in specifiche fasce d’età.

Le informazioni, nel territorio italiano, devono essere riportate in caratteri leggibili, intellegibili (quindi in lingua italiana) e indelebili. Alcune devono essere raggruppate all’interno dello stesso campo visivo, in uno spazio delimitato che permetta la loro immediata individuazione. Il Regolamento (UE) n. 1169/2011, stabilisce anche le dimensioni minime dei caratteri dell’etichetta.

Le indicazioni obbligatorie

Il D.Lgs n. 181/2003 aveva già indicato come obbligatorie alcune indicazioni, ritenute necessarie per informare e tutelare il più possibile il consumatore finale.

Queste disposizioni si applicavano ai prodotti confezionati o preimballati, destinati ad essere venduti e consegnati direttamente al consumatore finale, oppure riservati alle strutture della ristorazione commerciale e collettiva (ristoranti, mense aziendali, mense scolastiche, ospedali). Non riguardavano invece i prodotti che sono destinati all’esportazione in paesi che non appartengono all’UE. Con il Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, riguardante l’informazione ai consumatori in merito ai prodotti alimentari, si è voluto intervenire per modificare e integrare le disposizioni già esistenti, introducendo nuove indicazioni da applicare obbligatoriamente a partire dal 13 dicembre 2014. Anche le nuove disposizioni si applicano ai prodotti preconfezionati alla ristorazione commerciale e collettiva.

Tra le novità introdotte, va ricordata l’obbligatorietà dell’indicazione d’origine per le carni fresche e congelate suine, ovine e caprine e di pollame non trasformate, dell’indicazione della tabella nutrizionale (a partire dal 13 dicembre del 2016) e degli allergeni eventualmente presenti, utilizzando anche accorgimenti grafici particolari. Inoltre, la normativa prevede che l’etichetta riporti anche la provenienza dei singoli ingredienti e delle materie prime utilizzate. Per i prodotti alimentari trasformati deve essere indicato anche il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima.

Le indicazioni che secondo normativa devono essere obbligatoriamente presenti riguardano i seguenti parametri che andiamo ad elencare.

  • La denominazione di vendita permette al consumatore di capire che cosa è il prodotto in questione ancor prima di vederlo, toccarlo o assaggiarlo, quindi suggerisce una serie di caratteristiche che contraddistinguono gli alimenti (latte parzialmente scremato, scamorza affumicata, cipolline sott’aceto, etc); è regolamentata da precisi provvedimenti normativi europei o nazionali e deve essere sempre presente e non può essere sostituita dal marchio, da un nome di fantasia o dalla denominazione commerciale (che precisa le caratteristiche del prodotto, specificando le sue peculiarità). Es. pasta di semola di grano duro è la denominazione di vendita, il formato (fusilli, spaghetti) è la denominazione commerciale.
  • L’elenco degli ingredienti, compresa la quantità di un ingrediente o di una categoria di ingredienti per i quali si registra una certa rilevanza; gli ingredienti vengono elencati partendo da quello presente in maggior quantità per arrivare a quello presente in quantità minore e vengono espressi in valore percentuale. La posizione degli ingredienti aiuta a valutare la veridicità del claim (spesso ingannevole): se viene evidenziato un determinato ingrediente (crema alle nocciole) e l’ingrediente non è tra i primi nell’elenco, vuol dire che in realtà è presente in quantità limitata. Gli additivi, quando presenti, devono essere indicati con il nome della categoria di appartenenza (acidificanti, addensanti, coloranti, conservanti, antiossidanti), seguiti dal nome o dal codice alfanumerico Exxx. Non vengono considerati ingredienti se hanno solo funzione coadiuvante tecnologica oppure non influiscono nel prodotto finito.
  • La quantità netta (nominale) per i prodotti confezionati singolarmente e racchiusi in un’unica confezione, nel qual caso va indicato anche il numero di unità. Va espressa in unità di volume (mL, cL, L) per i liquidi o in peso (g e kg) negli altri casi. L’indicazione della quantità netta non va menzionata in caso di derrate soggette a forte calo di peso, vendute in quantità inferiori a 5 mL o 5 g, con la sola eccezione di erbe aromatiche e spezie e con peso minore a 30 g in caso di dolciumi. Nel caso di alimenti conservati in liquidi di governo, vanno specificati sia il peso con liquido che sgocciolato.
  • Il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, obbligatori dall’acqua fino agli alimenti pronti, vanno riportati per informare entro quanto un prodotto va consumato affinché vengano garantite le sue proprietà organolettiche, chimiche e igieniche.
    • Il termine minimo viene indicato in caso di alimenti poco deperibili (pasta, riso, cibo in scatola), mentre non è richiesta per: ortofrutticoli freschi non manipolati, sale da cucina, aceto, zucchero allo stato solido, vini e bevande spiritose con contenuto alcolico pari o maggiore di 10% in volume, prodotti di panetteria e pasticceria consumati nelle 24 ore successive alla produzione, prodotti di confetteria, gomme da masticare e gelati monodose.
    • La data di scadenza viene indicata per gli alimenti altamente deperibili (latte fresco, ovoprodotti, pasta fresca ripiena).
  • Il nome (o la ragione sociale o il marchio depositato) e la sede del produttore, o del confezionatore o del venditore/distributore, con sede in un Paese membro dell’UE.
  • La sede e lo stabilimento di produzione o di confezionamento.
  • Il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande alcoliche con contenuto alcolico superiore a 1.2% in volume. Tale quantità va indicata con la dicitura “…% vol.” riportando la quantità di alcol contenuta.
  • Il lotto di appartenenza del prodotto, che identifica una quantità omogenea di prodotti che sono lavorati (prodotti, fabbricati o confezionati) in condizioni praticamente identiche ed è indicato da un codice alfanumerico attribuito dal produttore. Il lotto di appartenenza è di grande utilità in caso di emergenze sanitarie che rendano necessario il ritiro di un prodotto dal mercato.
  • Le modalità di conservazione e di utilizzazione, nonché le istruzioni per l’uso qualora siano necessarie per un corretto consumo dell’alimento che necessitano di particolari procedure (cottura, condimento, conservazione dopo apertura, etc).
  • Il luogo di origine o di provenienza geografica, nel caso la loro assenza possa trarre in inganno il consumatore. È prevista per legge nel caso di prodotti biologici e di quelli tutelati da appositi marchi (DOP, IGP, STG). Inoltre può essere utile per valorizzare determinati alimenti i quali, pur non avendo un disciplinare di produzione, si caratterizzano per il forte legame con il territorio di origine.
  • L’etichetta nutrizionale, che riporta il contenuto di alcuni nutrienti (proteine, glucidi, lipidi e fibre) e il valore energetico (chilocalorie e chilojoule). Il contenuto in vitamine e sali minerali deve essere riportato solo se supera il 15% della dose giornaliera raccomandata dai LARN. È obbligatoria specialmente quando la confezione riporta determnati claim nutrizionali (“a basso contenuto calorico”, “ricco in fibra”, a “a ridotto contenuto in grassi”) e nell’etichettatura di prodotti dietoterapeutici.
  • Gli allergeni eventualmente presenti, di cui l’indicazione in etichetta è già da tempo obbligatoria e deve essere riportata anche nei casi in cui essi siano riscontrabili in quantità minime. Poiché può accadere che il prodotto alimentare non annoveri l’allergene in lista degli ingredienti ma possa risultarne contaminato durante la produzione, anche soltanto in modo accidentale, in chiusura dell’elenco ingredienti è obbligatorio inserire la dicitura “Può contenere tracce di…” oppure “Prodotto in uno stabilimento che utilizza anche…”.

Secondo il Regolamento CE n. 1830/2003, i prodotti preconfezionati ottenuti con l’impiego di organismi geneticamente modificati (OGM) devono riportare in etichetta diciture che informino il consumatore a riguardo e allo stesso modo se l’alimento è stato trattato con radiazioni ionizzanti.

NutriScore vs NutrInform: le nuove etichette

Nel 2013, un gruppo di ricercatori universitari francesi chiamato EREN (Equipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle) ha sviluppato un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari basato su un punteggio assegnato al prodotto basandosi sulle tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito. Attraverso la pubblicazione di un rapporto su diverse proposte di salute pubblica, si faceva perno sull’importanza di adottare un sistema di “voti” da stampare sulle confezioni dei prodotti alimentari al fine di fornire al consumatore un più facile confronto delle qualità nutrizionali tra questi e quindi scegliere, a sua discrezione, un cibo più sano. Il sistema NutriScore si avvale di una scala che di fatto semplifica la lettura della classica tabella nutrizionale e permettere una scelta più rapida del prodotto da acquistare. Sulla base delle valutazioni del Ministero della Sanità francese, tale sistema permetterebbe un più facile accesso ai cibi confezionati “sani”, contribuendo così a limitare la comparsa delle patologie legate a uno stile alimentare impattante sulla salute umana. L’applicazione a livello europeo di questa metrica di valutazione è stata non poco osteggiata da diversi Paesi dell’UE, specialmente dai produttori agroalimentari, in quanto andrebbe erroneamente a includere tra i cibi “malsani” molti alimenti facenti parte della dieta mediterranea considerati e certificati da sempre come alimenti che invece possono tranquillamente stare sulle tavole. Tra gli alimenti a rischio etichetta negativa anche tantissime specialità a marchio DOP e IGP, patrimonio enogastronomico dei paesi.

L’etichetta nutrizionale secondo il NutriScore.
L’etichetta nutrizionale secondo il NutriInform.

Per tale motivo l’Italia si è sempre opposta e in parallelo ha studiato un sistema alternativo di etichettatura, chiamato NutriInform Battery, entrato in vigore nello scorso 2020. L’applicazione del NutrInform Battery è per il momento facoltativa quindi le aziende potranno decidere in modo autonomo se apporlo sulle confezioni dei propri prodotti. Come funziona? Questa etichetta nutrizionale si pone come obiettivo quello di fornire ai consumatori finali informazioni nutrizionali chiare, semplici ed esaustive, in modo da aiutarlo a pianificare giornalmente la propria alimentazione e in modo consapevole. Questa etichetta è facilmente individuabile in quanto verrebbe apposta sul fronte del pacco, riportando le diverse voci per ogni singola porzione standard di alimento e non per 100 g di prodotto, come eravamo finora abituati, e verrà indicato il contenuto energetico dell’alimento (espresso sia in chilojoule che in chilocalorie), il contenuto di grassi, di grassi saturi, di zuccheri e di sale espressi in grammi. Inoltre, all’interno del simbolo a batteria, viene indicata la percentuale di ogni singolo nutriente contenuto nella porzione rispetto all’assunzione giornaliera raccomandata in base ai LARN. Ovviamente non è possibile quantificare la porzione standard poiché varia tra le diverse categorie di prodotti e il parametro viene utilizzando partendo dalla considerazione che spesso 100 g di prodotto non vengono effettivamente consumati dal singolo individuo.
Da questa etichettatura sono stati esonerati i prodotti DOP, IGP e STG per evitare ulteriori confusioni al consumatore nel riconoscere immediatamente il marchio di qualità. Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Mozzarella di bufala campana, olio extravergine di oliva delle varie cultivar… sono salvi! Altra esclusione per i prodotti freschi preincartati da parte del supermercato, perché la confezione, nella sua superficie più ampia, ha una grandezza inferiore ai 25 cm2. Nonostante la semplificazione a favore del consumatore, qualche problema questo tipo di etichettatura lo pone, come la discordanza tra i valori di riferimento utilizzati sull’etichetta e quelli raccomandati dall’OMS sull’assunzione giornaliera di zuccheri e sale.

Fonti:

https://ec.europa.eu/food/safety/labelling_nutrition/labelling_legislation_en

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/12/07/20A06617/sg

https://www.mise.gov.it/index.php/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/industria-alimentare/etichettatura-alimentare

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/16147

http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_3_1_1.jsp?menu=dossier&p=dadossier&id=32

ALMA. La scienza degli alimenti. Academia Universa Press, Edizioni Plan, Milano 2013

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